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VI ASPETTIAMO.

Il 19 maggio alle 17.30, grazie a Terzo Paesaggio, Exòrma e Razzismo Brutta Storia, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (Sala della Peruta) ospita Bayo Akomolafe in dialogo con la filosofa Susanna Mati a partire dalla pubblicazione di “Queste terre selvagge oltre gli steccati – Lettere a mia figlia per far casa sul pianeta” (Exòrma).

Bayo Akomolafe appartiene a quella nuova generazione di intellettuali transnazionali che attingono alla ricchezza di un eredità culturale ibridante, che muove anche dal pensiero postumanista e neomaterialista, per immaginare un diverso rapporto con il pianeta, il tempo, il potere.

Il libro racconta il possibile contributo di espistemologie “altre” a una filosofia “in fuga”, e qui un assaggio.

Terzo Paesaggio lo ha invitato in Italia in un ciclo di conversazioni che include anche Tim Ingold e Timothy Morton.  

L’incontro sarà seguibile anche online in diretta dalla pagina Facebook dell’associazione Il Razzismo è una brutta storia. Vi aspettiamo!

«Lascia che ti racconti le piccole cose che ho imparato mentre ancora posso farlo. Proprio qui, in questi luoghi di passaggio, mentre ancora cerco di raggiungerti: tutto inizia nel mezzo. Non ci sono inizi imperturbati, vergini e incontaminati. E non ci sono finali senza tracce di qualcosa di inedito, qualcosa che spontaneamente si scosta da ogni disvelamento finale. Non ci sono esiti finali senza eventi ancora a venire che stanno bollendo in pentola. Il mentre, non è uno spazio tra le cose; è il mondo nelle pratiche incessanti con cui il mondo mondeggia.

L’assoluto scheggiarsi della contingenza – qui, in questa stessa incerta terra di mezzo – è la lacca di polvere d’oro che abbraccia i frammenti nella vasta rete multiforme del divenire. (…)

Siamo in costante disfacimento, un divenire polvere, e ciò non si applica solo alle superfici, come se il confine tra superficie e contenuto, tra fuori e dentro, fosse così definito.

La casa della modernità è stata costruita sulle schiene curve degli inappropriati, certo. Eppure non possiamo ridurre la modernità a qualcosa di intrinsecamente nefasto. Anzi, se riuscissimo a dar conto in modo più completo della storia della modernità (e nessuno può farlo) e di come ebbe il sopravvento, avremmo probabilmente bisogno di rievocare le vecchie angosce prodotte dal desiderio di proteggere ciò che è effimero, per limitare la dolorosa contingenza delle cose.

Tuttavia, mentre cercavamo di assumere una posizione risoluta contro le tempeste di sabbia, di difendere il nostro posto con un forte posizionamento antropocentrico, e di garantire una casa ai nostri posteri abbiamo solo accelerato e sottolineato la dissociazione tra noi stessi e il mondo in cui viviamo.

Nessuna definizione della modernità coglie la sua essenza, perché non vi è alcuna essenza, nessuna spiegazione ideale cui giungere. Possiamo solo parlare di queste cose biascicando, con un umile balbettio. Persino l’idea di modernità è il prodotto di un’analisi eurocentrica che guarda “indietro” alla “storia” e la riconfigura nei convenienti nuclei tematici riconducibili al discorso contemporaneo

L’idea di vedere con chiarezza, in particolare, inaugura una relazione del tutto specifica con il mondo. Il presupposto è che il mondo intorno a noi sia spiegabile, che si possa arrivare a capire quali siano le risposte ai nostri enigmi più affascinanti. Che ci importa della polvere! Mettiti nella posizione giusta, spingi la testa un po’ più in là, socchiudi un po’ gli occhi e dovresti riuscire a vedere il reale nascosto nell’indisciplinata apparenza della finitudine.

Il problema del vedere è che non è esente da paradossi – uno dei quali è che la maggior chiarezza o la più alta definizione sacrifica sempre una panoramica più ampia e profonda. C’è un proverbio orientale che descrive questa dialettica: “nomina il colore e acceca l’occhio”. Ciò significa che “vedere con chiarezza” è una pratica occlusiva. La premessa della modernità – voler cogliere il cuore delle questioni – non va da nessuna parte. Per ogni “soluzione” offerta ai problemi urgenti posti dalle nostre attuali circostanze, viene screditata o resa invisibile un’altra possibilità. La polvere non si deposita mai.».



Articolo pubblicato in Articoli, il 15 maggio 2023