Presidente della regione Veneto, Luca Zaia 

Presidente della regione Fruili Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga 

Alle Forze Politiche tutte

 

In data 17 agosto il dottore Andi Nganso ha subito un feroce attacco verbale razzista mentre era in servizio presso il punto di Primo Intervento dell’ospedale di Lignano Sabbiadoro (UD). L’aggressione è stata perpetuata da un paziente, che dopo aver rifiutato le cure, ha attaccato il dott. Nganso con epiteti razzisti e frasi quali “ne*** di merda”, “se lo sa Zaia ti salta in culo”, “non toccarmi che mi attacchi le malattie”, “quanto vale una laurea da voi? 500 dollari pezzente”. 

Il dott. Nganso, oltre ad essere un professionista sanitario, è anche il fondatore di FestivalDivercity, partner del progetto europeo Champs. Il progetto ha lo scopo di fornire strumenti di contrasto all’afrofobia e al razzismo antinero, lo stesso razzismo di cui il dott. Nganso è stato vittima. Grazie al suo impegno e formazione costante sul tema, il dott. Nganso ha avuto la prontezza di reagire all’aggressione e denunciarla formalmente.

Ciò che è successo ad Andi Nganso non può essere considerato un caso isolato e circoscritto, ma è piuttosto da inserire in una cornice di sistema, ovvero come manifestazione di una struttura di potere pervasiva e consolidata. Il razzismo è infatti un modo di organizzazione sociale, condiviso più o meno consapevolmente. In quanto tale, permea anche le istituzioni sanitarie e i luoghi di lavoro, gli stessi luoghi dove è sempre più essenziale la presenza di personale afrodiscendente e di origine straniera.

Le aggressioni verbali subite da Nganso trovano linfa vitale nel razzismo sistemico che incoraggia individui bianchi a percepirsi come superiori, e quindi in diritto di privare individui neri della dignità, della sicurezza, e talvolta della vita. Questo è possibile all’interno di una società che su più livelli ha agito attivamente per la creazione, ed il mantenimento, di una narrazione degli afrodiscendenti fatta di stereotipi di inferiorità e de-umanizzazione.

Le narrazioni sulle migrazioni, sullə migranti e sullə afrodiscendenti determina quali siano le mansioni “permesse” ai gruppi razzializzati e quali invece sono ritenute appannaggio degli italiani bianchi. Un medico afrodiscendente opera al di fuori delle categorie di classe associate alla nerezza, e così facendo istiga una violenza riparativa. La svalutazione, la messa in discussione delle competenze professionali e del percorso di studi di Nganso, l’appello a forze politiche xenofobe, l’insulto e la minaccia sono i mezzi attraverso cui l’aggressore tenta di ristabilire l’ordine razziale compromesso.

Questo ordine e questa narrazione sono sostenuti e rinforzati da politici e politiche istituzionali. Il richiamo al Presidente della Regione Veneto Luca Zaia mostra in maniera evidente come la società civile tragga legittimità dalle posizioni espresse da determinate figure e dai partiti a cui fanno riferimento.

Perciò, come giovani afrodiscendenti, come associazioni impegnate nel contrasto al razzismo e come partenariato Champs, non chiediamo alle forze politiche di dissociarsi, come già del resto hanno fatto. Quello che chiediamo è che queste vengano interpellate pubblicamente sul perché lə cittadinə si sentano supportatə da esse nel compiere atti razzisti. Dissociarsi infatti significa disconoscere la propria responsabilità rispetto ai fatti.

La riflessione sulle responsabilità delle istituzioni è ancora più urgente a fronte del dovere che esse hanno di tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro di tutte le persone. Tale dovere, oltre a rispondere ad un imperativo etico, è un principio del nostro Ordinamento, così come sancito dagli art. 35 e 41 della Costituzione. L’integrità fisica e psicologica dellə lavoratorə razzializzatə viene continuamente minata, mentre le istituzioni ignorano la specificità degli ostacoli affrontati quotidianamente sul luogo di lavoro. A conseguenza di ciò, queste stesse istituzioni risultano incapaci di esercitare le forme di tutela di cui sono tenute.

Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera…” (art.3 Codice deontologico). Il dott. Nganso, in quanto medico,  ha preso su di sé un compito di cura e responsabilità rispetto alla collettività, un compito che lo Stato Italiano manca di reciprocare. Ed è lo stesso Stato che Nganso rappresenta mentre esercita il suo ruolo di medico. Lo stesso Stato che non è riconosciuto quando il suo volto è quello di un uomo nero.

Le responsabilità della politica sono poi ancora più evidenti se consideriamo come il razzismo quotidiano sia esacerbato dal clima elettorale. Come dice Nganso, infatti, «odio e razzismo non solo esistono in questo Paese, ma si fanno ancora più forti quando la prossimità di un appuntamento elettorale suggerisce che certe posizioni saranno tutelate e legittime».

È necessario riconoscere dunque che l’aggressione subita da Nganso non è un episodio isolato, ma il sintomo di un sistema di potere centenario che esponenti politici, partiti, parti economiche, istituti e istituzioni contribuiscono a mantenere e rinsaldare. L’incolumità fisica e il benessere mentale delle persone afrodiscendenti e razzializzate in Italia dipendono da un rifiuto categorico ed effettivo del razzismo nelle proprie dichiarazioni, negli slogan propagandistici e nelle leggi proposte e sucessiva loro applicazione.

Chiediamo dunque che vengano messe in atto delle azioni concrete da parte delle istituzioni per fare sì che si diffonda a livello nazionale una diversa narrazione e percezione dei corpi neri. Chiediamo che cambi il linguaggio con cui vengono descritti e rappresentanti i corpi neri in Italia. Che le persone nere e razzializzate siano riconosciutə come esseri umani con un diritto inalienabile alla vita e alla dignità, e che ne vengano riconosciute le competenze e professionalità in ambito lavorativo.

Tuttə lə partecipanti del progetto Champs rinnovano la loro stima, gratitudine e solidarietà ad Andi Nganso. Stima per il suo percorso professionale e umano. Solidarietà perché seppure oggi è toccato a lui, quello che è successo riguarda tuttə noi, e l’affronteremo assieme. Gratitudine per essere riuscito, con lucidità e fermezza, a reagire e denunciare l’aggressione. Perché sappiamo che questa prontezza è figlia di un lungo lavoro antirazzista di cui abbiamo la fortuna di essere testimoni e compagnə.

Afrodescendants Fighting Against Racism con il sostegno del partenariato Champs



Articolo pubblicato in Articoli, il 30 agosto 2022