Il genocidio silenzioso di Rom e Sinti

500.000 è il numero  delle persone dai popoli nomadi europei assassinate dai regimi nazi-fascisti. È appena trascorsa la Settimana della Memoria e come ogni anno il ricordo del Porrajmos, lo sterminio dei popoli Rom e Sinti, è passato in secondo piano.

Per chi vuole approfondire questo tema suggeriamo la bellissima intervista di Roberto Olla pubblicata sul sito di Rai News Birkenau. Porrajmos, lo sterminio Rom e Sinti. Una parola da imparare. Come Shoah e Metz Yeghern. Nella video-intervista Pietro Terracina, superstite del campo di Birkenau, racconta il terribile genocidio.  Il 2 agosto 1944 tutti i Rom e i Sinti ancora presenti nel campo di Birkenau – 2897 persone, tra uonimi, donne e bambili, furono sterminati, e i loro corpi bruciati. Il “campo degli zingari” di Birkenau fu così definitivamente liquidato.

Spunti dalle iniziative svolte a Milano e a Roma

alessi-new9-copia-jpg A Palazzo Marino a Milano si è tenuto l’incontro L’olocausto del popolo rom: un riconoscimento che valga per l’oggi, serata dedicata al ricordo dei Rom e dei Sinti vittime dell’Olocausto.  È stato proiettato il film documentario Opre Roma!, del filmmaker bergamasco Paolo Bonfanti: grazie alle vicende di alcuni giovani che hanno affrontato lo stigma dello “zingaro”, viene rappresentata la speranza del popolo rom di uscire dalla marginalità. Sono stati presentati libri a tema e all’incontro erano presenti autorità cittadine e portavoce della comunità Rom.

Durante la Settimana della Memoria la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili ha organizzato due convegni, uno dei quali per parlare della persecuzione e dei crimini commessi dai regimi fascisti e nazisti  su Rom e Sinti. Il convegno “Il genocidio di Rom e Sinti durante il nazi-fascismo. Una memoria rimossa” si è svolto il 27 gennaio presso il Senato della Repubblica e sono state legate tra loro le storie di ebrei e rom.  È stato presentato il libro Io non mi chiamo Miriam, che sono le parole che dice di colpo un’elegante signora svedese il giorno del suo ottantacinquesimo compleanno, di fronte al bracciale con il nome inciso che le regala la famiglia. Miriam infatti è Malika, una ragazzina rom che è sopravvissuta ai campi di concentramento fingendosi ebrea, infilando i vestiti di una coetanea morta durante il viaggio da Auschwitz a Ravensbrück. Così Malika è diventata Miriam, e per paura di essere esclusa, abbandonata a se stessa, o per un disperato desiderio di appartenenza ha sempre continuato a mentire, anche quando accolta calorosamente nella Svezia del dopoguerra, dove i Rom, malgrado tutto, erano ancora perseguitati. Con l’autrice di questa storia – Majgull Axellson – ci si interroga sul significato di identità.

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Articolo pubblicato in Articoli, il 30 gennaio 2017